La BlockChain (in Italiano “catena di blocchi”) è un database virtuale crittografato diffuso, dove ciascun utente può verificare tutti i dati e le transazioni digitali registrati dal giorno della sua creazione, senza necessità di un controllo superiore centralizzato. È sicuro e praticamente impossibile da manomettere.
Il suo nome − che suonerà forse familiare alla gran parte di noi − è oggi universalmente associato al sistema Bitcoin e al mercato delle altre criptovalute, che stanno conoscendo una popolarità sempre più ampia. In realtà, la tecnologia alla base della blockchain si rivela di grande utilità anche nell’ambito agroalimentare, ai fini della tracciabilità delle filiere (e viene già sfruttata dai supermercati Carrefour per la certificazione del pollo).
La produzione e distribuzione di ortofrutta, infatti, “soffre” all’interno della propria catena la presenza di un anello potenzialmente debole: quello del controllo della filiera, cioè la rintracciabilità di tutti i passaggi che conducono il prodotto finito dalla semina fino alle nostre tavole. Lo scopo principale della filiera controllata è quello di garantire la massima sicurezza alimentare dei prodotti: un momento non da poco visto che secondo l’OMSogni anno 60.000.000 di persone nel mondo si ammalano per aver consumato cibo non idoneoagli standard qualitativi. A questo si aggiunge, poi −nel caso di prodotti Bio, a marchio DOCG o Igp (dei quali ultimi il nostro Paese è un grande esportatore) −l’obiettivo di evitare frodi e contraffazioni, valorizzando le produzioni di qualità.
L’impegno a controllare ogni punto della filiera−che, dopo i coltivatori, include: addetti al confezionamento, ai trasporti, alla distribuzione e infine alla vendita al dettaglio −comporta oggi un grande dispiego di risorse logistiche ed economiche e, purtroppo, non sempre riesce a dareal consumatore un’affidabilità pari al 100%.
L’implementazione di una tecnologia blockchain nel momento del controllo filiera, renderebbe appunto trasparenti e monitorati tutti i passaggi e le manipolazioni cui è andato incontro un prodotto, dalla fattoria allo scaffale del supermercato. E farebbe risparmiare, secondo uno studio della Oklahoma State University, ben l’80% dei costi rispetto agli attuali (fallibili) sistemi di gestione della tracciabilità.
In pratica, la BlockChain alimentare, attraverso un codice di sicurezza, registra e certifica la storia di ogni prodotto agricolo −dalla coltivazione nei campi alla lavorazione nelle aziende, fino allo stoccaggio presso i rivenditori. Doveil consumatore può infine consultare tutte questeinformazioniutilizzando, appunto, un lettore QR Code.
https://www.wired.it/lifestyle/food/2018/09/13/carrefour-blockchain-pollo/